Una recente decisione della Corte di Cassazione, la n. 25740 del 15.10.2018, ha enunciato(per la verità ribadendo nuovamente già numerose precedenti e recenti decisioni) un importante principio secondo cui ai fini del riconoscimento dell’indennità di cessazione del rapporto ex articolo 1751 del Codice Civile non si deve tenere conto delle provvigioni percepite a compenso dell’attività di coordinamento di un gruppo di agenti, in quanto corrisposte per affari non direttamente e personalmente procurati dall’agente, ma da altri soggetti che a lui fanno capo. La norma del Codice Civile riconosce all’agente in occasione dello scioglimento del contratto con la mandante, in taluni casi, un’indennità che va determinata soltanto se e in quanto egli abbia procurato nuovi clienti al preponente ( o abbia sviluppato gli affari con clienti esistenti in modo rilevante quasi fossero nuovi) continuino a fare affari con il preponente dopo la cessazione del rapporto assicurandogli sostanziali vantaggi economici che permangano nel tempo, tutti elementi che vanno valutati cumulativamente, sicché senza la loro sussistenza nulla potrà essere riconosciuto.
La determinazione dell’indennità pertanto deve avvenire solo con riferimento a tale valore e non delle provvigioni corrisposte durante il rapporto e pertanto la circostanza che l’agente abbia coordinato fino alla cessazione del rapporto una rete di agenti con un cospicuo portafoglio rimasto nella disponibilità della preponente anche dopo la risoluzione del rapporto, resta escluso dall’indennità.
Risulta, quindi sempre più evidente come i criteri di determinazione dell’indennità ex. articolo 1751 sui quali si sofferma la Corte nel caso in esame, siano completamente diversi da quelli contenuti negli attuali accordi economici collettivi ancora fondati su principi considerati in contrasto con la direttiva comunitaria e pertanto da ritenersi superati sull’argomento trattato in questa informativa.
Si resta come sempre a completa disposizione per approfondimenti in merito.