Con la pubblicazione in G.U. del 4 settembre 2019 è entrato in vigore il c.d. Decreto Riders. Il D.L. 101/2019, “Disposizioni Urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali”, istituisce le tutele minime in termini retributivi e assicurativi per i lavoratori parasubordinati la cui attività è organizzata mediante piattaforme digitali e prevede alcune misure chirurgiche in materia di risoluzione delle crisi aziendali.
Le tutele a favore dei riders
Il D.L. 101/2019 modifica il D.Lgs. 81/2015 inserendovi, al nuovo Capo V-bis, rubricato “Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali”, gli articoli 47-bis, 47-ter e 47-quater, con la dichiarata finalità di promuovere un’occupazione sicura e dignitosa, nonché garantire le adeguate tutele, dei “lavoratori impiegati nelle attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore di cui all’articolo 47, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (veicoli a 2 o 3 ruote e quadricicli, NdA) attraverso piattaforme anche digitali”.Per “piattaforme digitali” si intendono i programmi e le procedure informatiche delle imprese che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, organizzano le attività di consegna di beni, fissandone il prezzo e determinando le modalità di esecuzione della prestazione.È opportuno osservare che i destinatari delle nuove disposizioni vengono individuati nei “prestatori occupati con rapporto di lavoro non subordinato”: tale definizione sembrerebbe, quindi, comprendere anche eventuali lavoratori che, operando a favore di più committenti (clienti), abbiano optato per un inquadramento di lavoro autonomo, sfruttando, quando possibile, la convenienza fiscale riservata a particolari categorie di contribuenti(si pensi al regime semplificato forfettario o dei minimi. L’articolo 47-bis, comma 2, stabilisce che il corrispettivo minimo da riconoscere al lavoratore debba essere determinato attraverso un sistema di calcolo che – pur ammettendo la presenza di una componente di remunerazione a cottimo sulla base del numero delle consegne effettuate – fissi nella retribuzione oraria l’elemento prevalente. Viene, altresì, prevista la possibilità, per mano dei contratti collettivi, come individuati dall’articolo 51, D.Lgs. 81/2015, di definire schemi retributivi modulari e incentivanti che tengano conto delle modalità di esecuzione della prestazione e dei diversi modelli organizzativi. Il corrispettivo orario verrà, comunque, riconosciuto a condizione che il lavoratore, per ciascuna ora lavorativa, accetti almeno una chiamata. Il predetto sistema di determinazione del compenso orario è stato fortemente criticato principalmente dallo stesso mondo dei riders, dal quale è ritenuto particolarmente penalizzante, in quanto, sebbene abbia il pregio di prevedere un compenso minimo per il prestatore, per altro verso, indirettamente, ne determina anche un tetto massimo. Si pensi a un lavoratore estremamente performante che, in base dell’algoritmo implementato sulla piattaforma digitale presso la quale è registrato e dell’estrema disponibilità concessa in termini di tempo dedicato, sia destinatario di un numero elevato di chiamate. Attualmente il compenso calcolato sulla base di tariffe di cottimo puro può garantire un corrispettivo molto superiore a quello che si verrebbe a determinare secondo la previsione del decreto, che stabilisce come tetto invalicabile la prevalenza della quota oraria: si consideri che diversi lavoratori, attualmente, dichiarano di raggiungere fino a 3.000 euro mensili. Unitamente alla tutela di ordine economico, la norma prevede l’obbligo, per i committenti, di assicurare i lavoratori in argomento contro gli infortuni e le malattie professionali. Il committente è, quindi, tenuto a rispettare tutti gli adempimenti previsti dal D.P.R. 1124/1965 (T.U. Inail) e, in particolare, a calcolare il premio assicurativo assumendo come base imponibile la retribuzione convenzionale giornaliera corrispondente al minimale contributivo, indipendentemente dal numero delle ore giornaliere lavorative. Anche quest’ultima previsione ha suscitato alcune perplessità, manifestate, in particolare, da Assodelivery. L’associazione ha evidenziato come il calcolo del premio basato sulle giornate, anziché sulle ore realmente lavorate, comporti un effetto distorsivo sui costi assicurativi. Le imprese che si avvalgono delle piattaforme, anche digitali, saranno peraltro tenute, nei confronti dei lavoratori, a propria cura e spese, al rispetto del D.Lgs. 81/2008 (T.U. salute e sicurezza del lavoro). Le disposizioni a tutela dei riders, per espressa previsione della norma, entreranno in vigore decorsi 180 giorni dalla data di conversione del decreto stesso, che, alla luce delle critiche trasversali, potrebbe avvenire con modifiche sostanziali.
Il D.L. 101/2019, nell’attribuire tutele minime ai riders, non risolve, ma evidentemente non aveva questa
finalità, il nodo gordiano costituito dalla qualificazione del rapporto di lavoro che lega il committente (o datore
di lavoro) al lavoratore. È indubbio che l’attività di “consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con
l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore … attraverso piattaforme anche digitali” sia caratterizzata da
un’imprescindibile componente di coordinamento tra il committente/datore di lavoro e il prestatore d’opera,
che comprime notevolmente la possibilità di organizzazione di quest’ultimo: al momento in cui si rende
necessaria una consegna, il lavoratore riceve una chiamata e dovrà attivarsi per effettuare la prestazione nei
termini previsti. Tale attività potrebbe essere svolta con le modalità tipiche del lavoro autonomo, si pensi ad
esempio ai c.d. “padroncini”, sebbene risulterebbe alquanto sfumata la presenza del rischio d’impresa, che
probabilmente si sostanzierebbe esclusivamente nell’incognita rappresentata dal numero di “chiamate”
prodotte dall’algoritmo che gestisce la piattaforma informatica. Ma se la figura del lavoratore autonomo non
appare perfettamente corrispondente alle caratteristiche del rider, è altrettanto vero che essa non può
essere automaticamente ricondotta a quella del lavoratore subordinato.
Il rider è un soggetto che, stante l’attuale organizzazione dei principali operatori del settore, propone
liberamente la sua disponibilità in fasce orarie da egli stesso individuate (prenotate) senza vincoli di sorta
circa la determinazione dell’an e del quantum della prestazione, essendo libero, in tali fasce orarie, di
rifiutare gli ordini di consegna senza che vi siano conseguenze di ordine disciplinare, ma semplicemente
quella di un “abbassamento della fedeltà”, che comporterà la restrizione delle possibilità, in futuro, di
prenotare gli slot orari secondo le proprie esigenze. Tale meccanismo, legato all’attribuzione di punteggi che
rappresentano l’espressione del gradimento correlato al livello di affidabilità del lavoratore, non è tra l’altro
assimilabile all’esercizio del potere disciplinare tipico del datore di lavoro subordinato, in quanto non dà
luogo all’applicazione di sanzioni afflittive. Il rider dovrebbe essere, quindi, identificato in un collaboratore ex
articolo 409 c.p.c.. In tal senso si trova conferma nella sentenza n. 1853/2018 del Tribunale di Milano, il
quale, nel rigettare il ricorso presentato da un rider per il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato,
ha stabilito che non si potessero ravvisare le condizioni per l’applicazione delle norme sul lavoro subordinato
neppure in forza del disposto di cui all’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2015, in quanto: “La norma suindicata
dispone che “a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche
ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative
e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo
di lavoro”. Nel rapporto intercorso tra le parti dell’odierno giudizio, le modalità di esecuzione della
prestazione, per quanto precedentemente evidenziato, non possono ritenersi “organizzate dal committente
con riferimento ai tempi […] di lavoro”, poiché la scelta fondamentale in ordine ai tempi di lavoro e di riposo
era rimessa all’autonomia del ricorrente, che la esercitava nel momento in cui manifestava la propria
disponibilità a lavorare in determinati giorni e orari e non in altri”.
Di diverso parere è la sentenza n. 26/2019 della Corte d’Appello di Torino (c.d. sentenza Foodora), che,
sovvertendo la sentenza di primo grado, pur non riconoscendo la sussistenza di un rapporto di lavoro
subordinato, ha rinvenuto nelle modalità di svolgimento della prestazione dei riders appellanti i tratti tipici
della collaborazione coordinata e continuativa etero-organizzata, che si viene a realizzare “quando è
ravvisabile una effettiva integrazione funzionale del lavoratore nella organizzazione produttiva del
committente in modo tale che la prestazione lavorativa finisce per l’essere strutturalmente legata a questa
(l’organizzazione) e si pone come un qualcosa che va oltre la semplice coordinazione di cui all’art. 409 n. 3
c.p.c., poiché qui è il committente che determina le modalità della attività lavorativa svolta dal collaboratore”,
rilevando inoltre che i lavoratori “lavoravano sulla base di una “turnistica” stabilita dalla appellata, erano
determinate dalla committente le zone di partenza, venivano comunicati loro tramite app gli indirizzi cui di
volta in volta effettuare la consegna (con relativa conferma), i tempi di consegna erano predeterminati (30
minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo). Indubbiamente le modalità di esecuzione erano organizzate
dalla committente quanto ai tempi e ai luoghi di lavoro”.
Infine, sebbene per quanto sopra evidenziato l’attività svolta dai riders sembri oscillare tra la collaborazione
coordinata e continuativa genuina di cui all’articolo 409 c.p.c. e quella etero-organizzata richiamata
dall’articolo 2, D.Lgs. 81/2015, non si può escludere che essa possa trovare una sua modalità di svolgimento
anche in forma subordinata.
In tal senso si annota la prima vertenza collettiva (Runner Pizza), che ha portato a un accordo per la
stabilizzazione di circa 200 lavoratori, i quali, da co.co.co., verranno inquadrati quali lavoratori subordinati,
secondo quanto previsto dal Ccnl Autotrasporto merci e logistica (accordo 18 luglio 2018 sulla distribuzione
delle merci con cicli, ciclomotori e motocicli).
Le altre tutele a favore delle fasce deboli di lavoratori
Il decreto istituisce il nuovo articolo 2-bis in seno al D.Lgs. 81/2015, con il quale si prevede, a favore dei
soggetti iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, L. 335/1995, non titolari di pensione e
non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, la corresponsione delle indennità di malattia e di
degenza ospedaliera nonché del congedo di maternità e del congedo parentale – fermi restando i requisiti
reddituali vigenti – a condizione che nei confronti dei lavoratori interessati risulti attribuita una mensilità della
contribuzione dovuta alla predetta Gestione nei 12 mesi precedenti la data di inizio dell’evento o dell’inizio
del periodo indennizzabile: in precedenza tale requisito era fissato in 3 mensilità. Viene, altresì, aumentata
del 100% l’indennità di degenza ospedaliera, con conseguente adeguamento dell’indennità giornaliera di
malattia. Si ricorda che l’indennità di degenza ospedaliera era fissata nella misura dell’8%, 12% o 16% (ora
16%, 24% o 32%) dell’importo che si ottiene dividendo per 365 il massimale contributivo sulla base della
contribuzione attribuita nei 12 mesi antecedenti il ricovero: da 3 a 4 mesi l’8%, da 5 a 8 mesi il 12% e da 9 a
12 mesi il 16%. Con le novità introdotte dal decreto le misure passano al 16% con contribuzione attribuita da
1 a 4 mesi, al 24% da 5 a 8 mesi e al 32% da 9 a 12 mesi.
Per i medesimi soggetti è stata prevista un’analoga riduzione per uno dei requisiti di contribuzione previsti
per l’accesso all’indennità di disoccupazione (DIS-COLL), che verrà quindi riconosciuta a condizione che
essi:
1. siano, al momento della domanda di prestazione, in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1,
comma 2, lettera c), D.Lgs. 181/2000, e successive modificazioni;
2. possano far valere almeno un mese di contribuzione (in precedenza 3 mesi) nel periodo che va dal
1° gennaio dell’anno solare precedente l’evento di cessazione dal lavoro al predetto evento;
3. possano far valere, nell’anno solare in cui si verifica l’evento di cessazione dal lavoro, un mese di
contribuzione oppure un rapporto di collaborazione di durata pari almeno a un mese e che abbia
dato luogo a un reddito almeno pari alla metà dell’importo che dà diritto all’accredito di un mese di
contribuzione.
In materia di impiego di lavoratori socialmente utili di cui all’articolo 2, comma 1, D.Lgs. 81/2000, e all’articolo
3, comma 1, D.Lgs. 280/1997, nonché dei lavoratori già rientranti nell’abrogato articolo 7, D.Lgs. 468/1997, e
dei lavoratori impegnati in attività di pubblica utilità – anche mediante contratti di lavoro a tempo determinato
o contratti di collaborazione coordinata e continuativa nonché mediante altre tipologie contrattuali – per i
quali è stata prevista la possibilità di assunzione a tempo indeterminato, anche parziale, il requisito di cui
all’articolo 1, comma 446, lettera h), L. 145/2018 (il termine della proroga da parte degli enti territoriali e degli
enti pubblici interessati, delle convenzioni e degli eventuali contratti a tempo determinato) viene spostato dal
31 ottobre 2019 al 31 dicembre 2019.
È stata rimandata al 1° gennaio 2020 la decorrenza della validità della Dsu, il documento che contiene le
informazioni di carattere anagrafico, reddituale e patrimoniale necessarie a descrivere la situazione
economica del nucleo familiare con la quale si ottiene l’indicatore Isee per la richiesta di prestazioni sociali
agevolate. Pertantom a decorrere dal 2020m al 1° gennaio di ogni anno i dati sui redditi e sui patrimoni
presenti nella Dsu verranno aggiornati prendendo a riferimento il secondo anno precedente, ferma restando
la possibilità di aggiornare i dati prendendo a riferimento i redditi e i patrimoni dell’anno precedente, qualora
vi sia convenienza per il nucleo familiare, mediante modalità estensive dell’Isee corrente, da individuarsi con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze.
Viene, altresì, previsto che il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, di cui all’articolo 13, L. 68/1999, possa
essere alimentato anche da versamenti da parte di soggetti privati a titolo spontaneo e solidale.
Il decreto provvede, infine, a sostenere sia l’emergenza occupazionale di Anpal Servizi Spa, la società che
opera sotto il controllo dell’agenzia nazionale delle politiche attive, sia quella che investe la carenza di
personale dell’Inps, destinando alla prima un contributo pari a 10 milioni di euro per l’anno 2019 per il
funzionamento e di 1 milione di euro annui, a decorrere dall’anno 2019, per le ulteriori spese di personale, e,
per la seconda, incrementando la dotazione organica del personale di area C di 1003 unità.
Gli interventi in tema di crisi aziendali
Il Capo II del decreto prevede una serie di interventi, sia generalizzati che a favore di specifiche aree
geografiche, utili per fronteggiare le crisi aziendali.
In particolare, l’articolo 9 prevede la possibilità, per la Regione Sardegna, di destinare ulteriori risorse, fino al
limite di 3,5 milioni di euro entro l’anno 2019, per le specifiche situazioni occupazionali esistenti nel suo
territorio, a valere sul Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a),
D.L. 185/2008, convertito, con modificazioni dalla L. 2/2009. Analogamente, la Regione siciliana potrà
destinare ulteriori risorse, fino al limite di 30 milioni di euro nell’anno 2019, per specifiche situazioni
occupazionali già presenti nel suo territorio, il cui onere sarà a valere sul citato Fondo sociale per
occupazione e formazione.
Il successivo articolo 10 estende l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 53-ter, D.L. 50/2017,
convertito, con modificazioni, dalla L. 96/2017, nel limite di spesa di 1 milione di euro per l’anno 2019, ai
lavoratori dell’area di crisi industriale complessa di Isernia, che, alla data del 31 dicembre 2016, risultino
beneficiari di un trattamento di mobilità ordinaria o di un trattamento di mobilità in deroga, salvo che gli
stessi, alla data del 5 settembre 2019, non fossero percettori di reddito di cittadinanza.
L’articolo 11 integra, nel corpo dell’articolo 5, D.Lgs. 148/2015, il comma 1-bis, recante una particolare
previsione di esonero dal contributo addizionale ordinariamente dovuto in caso di richiesta di integrazioni
salariali. Saranno destinatarie del predetto esonero le imprese del settore della fabbricazione di
elettrodomestici, con un organico superiore alle 4.000 unità e con unità produttive site nel territorio
nazionale, di cui almeno una in un’area di crisi industriale complessa riconosciuta ai sensi dell’articolo 27,
D.L. 83/2012, convertito in L. 134/2012, le quali, al fine di mantenere la produzione esistente con la stabilità
dei livelli occupazionali, abbiano stipulato contratti di solidarietà, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera c),
D.Lgs. 148/2015, che prevedono nell’anno 2019 la riduzione concordata dell’orario di lavoro di durata non
inferiore a 15 mesi. L’esonero dovrà essere autorizzato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali,
previo accordo governativo tra l’impresa e le organizzazioni sindacali dei lavoratori in cui vengono definiti gli
impegni aziendali relativi alla continuità produttiva e al mantenimento stabile dei livelli occupazionali e che
dovrà, inoltre, essere stipulato entro il 3 novembre 2019 – 60 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L.
109/2019 – decorsi i quali si intenderanno non più presenti i citati impegni aziendali. La misura, qualificata
quale beneficio contributivo, è riconosciuta nel limite di spesa di 10 milioni di euro per l’anno 2019 e di 6,9
milioni di euro per l’anno 2020, subordinatamente all’autorizzazione della Commissione Europea, previa
notificazione ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, Tfue.
Il decreto in commento prevede, altresì, disposizioni per il potenziamento della struttura per le crisi
d’impresa. A tale fine, in deroga alla dotazione organica del Mise e fino al 31 dicembre 2021, vengono
assegnati alla predetta struttura fino a un massimo di 12 funzionari di Area III del comparto funzioni centrali,
dipendenti dalle P.A. di cui all’articolo 1, comma 2, D.Lgs. 165/2001, dotati delle necessarie competenze ed
esperienze in materia di politica industriale, analisi e studio in materia di crisi di imprese, in posizione di fuori
ruolo o di comando o altro analogo istituto previsto dai rispettivi ordinamenti, con trattamento economico
complessivo a carico dell’Amministrazione di destinazione.
L’articolo 13 dispone misure urgenti per meglio definire le responsabilità degli amministratori di Ilva Spa, con
riferimento allo specifico Piano ambientale, che rimangono limitate alle condotte poste in essere in
esecuzione dello stesso sino alla scadenza dei termini di attuazione ivi stabiliti per ciascuna prescrizione
prevista.
Si rilevano, infine, disposizioni volte all’istituzione del “Fondo per la riconversione occupazionale nei territori
in cui sono ubicate centrali a carbone” e del “Fondo per la transizione energetica nel settore industriale”, al
fine di favorire la riduzione dei prezzi dell’energia e per evitare crisi occupazionali nelle aree dove è prevista
la chiusura delle centrali a carbone, e modifiche all’articolo 47, D.L. 34/2019, convertito in L. 58/2019 in
materia di regolamentazione del Fondo salva-opere istituito per un rapido completamento delle opere
pubbliche.
Roma, 31 ottobre 2019
Il Consigliere nazionale
Lavoro e Welfare
Dott. Giovanni Assi