Buongiorno, due interessantissimi articoli del Sole 24 ore, uno del 24 e l’altro del 25 agosto 2018, riprendendo la stringente disciplina introdotta dalla L 96 del 2018 di conversione del Decreto Legge n. 86 del 2018, forniscono i primi orientamenti in materia di compatibilità tra la normativa appena riscritta e la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e di prossimità.
Orbene, il D Lgs 81 del 2015, così come modificato dalla normativa non ha contemplato alcuna possibilità di intervento da parte della contrattazione collettiva nazionale, questa carenza riguarda in particolare, il punto di più radicale cambiamento realizzato dal decreto, cioè l’aver condizionato la validità del contratto a tempo determinato, non a causali collegate a specifiche esigenze dell’azienda, ma a casuali sostanzialmente impossibili, non consentendo alcuna deviazione, neppure quella negoziata con il sindacato.
Orbene, il D Lgs 81 del 2015, così come modificato dalla normativa non ha contemplato alcuna possibilità di intervento da parte della contrattazione collettiva nazionale, questa carenza riguarda in particolare, il punto di più radicale cambiamento realizzato dal decreto, cioè l’aver condizionato la validità del contratto a tempo determinato, non a causali collegate a specifiche esigenze dell’azienda, ma a casuali sostanzialmente impossibili, non consentendo alcuna deviazione, neppure quella negoziata con il sindacato.
Tale limitazioni investirebbero anche la disciplina preesistente dettata dai contratti collettivi importando una caducazione di tutte le disposizioni in deroga alla disciplina legale, rendendo necessario un celere iter di adeguamento o conferma, da parte della parti sociali, delle disposizioni dei contratti collettivi (fermo restando i severi limiti imposti dalla nuova normativa).
In tale prospettiva però si apre una quanto mai fondamentale ed unica possibilità di modificare tali stringenti limiti in materia di contratti a tempo determinato, anche con finalità di intervento sia sulla durata “acausale” del contratto oltre i 12 mesi, sia rispetto all’ampliamento dei limiti numerici dei contratti a tempo determinato stipulabili (20% o 30%), sia addirittura (ma qui il condizionale è ancora d’obbligo) sulla possibilità di ripristinare la durata massima ai 36 mesi anziché agli attuali 24, attraverso l’utilizzo dello strumento dei “contratti collettivi di prossimità” previsti dall’art 8 della Legge 148 del 2011, a mezzo del quale è possibile derogare alla disciplina legale nel rispetto delle finalità indicate dalle norme e dalle direttive comunitarie.
Invece, per quanto concerne tale compatibilità, tra la nuova normativa e la contrattazione collettiva, in materia di somministrazione si rileva come vi sia una maggiore apertura. Ovvero il legislatore consente, in particolare , la derogabilità del 30% del numero massimo di lavoratori assunti in somministrazione da parte di qualsiasi contratto collettivo applicato dall’utilizzatore. Si segnala, in ultimo, la potenzialità dell’art. 34 del D.lgs 81 del 2015 il quale affida alla contrattazione collettiva applicata alle agenzie di somministrazione la possibilità di disciplinare i casi e la durata delle proroghe stipulabili con il lavoratore da somministrare.
Come ovviamente scritto, si tratta solo dei primissimi orientamenti e come tali devo essere consideranti nell’attesa di chiarimenti ufficiali da parte del Ministero del Lavoro.