Cosi si è espressa la Corte di Cassazione che con l’ordinanza n. 20796/2017, ha rigettato il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, che riteneva legittimo l’assoggettamento ad Irap di una professionista che esplicava l’attività con l’impiego non occasionale di un’unità di personale dipendente con mansioni di segreteria.

I giudici hanno fin da subito escluso l’applicabilità del tributo in conformità del principio enunciato enunciato dalle Sezioni Unite della Corte (Corte di Cassazione – sentenza n. 9451/2016), e ribadito dalla successiva giurisprudenza di legittimità, secondo cui il requisito dell’autonoma organizzazione di cui all’art. 2, D.Lgs. n. 446/1997, quale presupposto impositivo dell’Irap, ricorre quando il contribuente:
– sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
– impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive.

L’Irap coinvolge una capacità produttiva “impersonale ed aggiuntiva” rispetto a quella propria del contribuente e colpisce quella parte aggiuntiva di reddito derivante dalla presenza di una struttura organizzativa esterna che, per numero, importanza e valore economico, sia suscettibile di creare un valore aggiunto rispetto alla mera attività dello stesso contribuente. In tal senso è il surplus di attività agevolata dalla struttura organizzativa che coadiuva ed integra il contribuente ad essere interessato dall’imposizione che colpisce l’incremento potenziale che si viene a realizzare rispetto alla produttività auto organizzata del solo lavoro personale.